TECNICA PIANISTICA
Il pedale di risonanza
È veramente difficile parlare del pedale senza ricorrere all'esempio pratico al pianoforte. Però nell'affrontare argomenti sulla tecnica pianistica, non si può tralasciare questo elemento così caratteristico ed espressivo.
La funzione principale del pedale è quella di lasciar risuonare una nota anche dopo aver abbandonato il tasto. Grazie a questa caratteristica è possibile, ad esempio, legare una successione di accordi (cosa impossibile da fare con la sola azione delle dita).
Un'altra peculiarità da non sottovalutare mai è quella che, grazie al sollevamento degli smorzatori, tutte le corde sono libere di vibrare anche se non sono state percosse direttamente. Per cui pur suonando una singola nota, tutte le altre corde vibreranno per simpatia, producendo armonici acuti e bassi. Risultato: il suono sarà meno "asciutto" e più ricco.
In effetti suonando una semplice melodia ad una voce in tempo lento, si utilizza spesso il pedale (cambiandolo frequentemente) per dare maggiore cantabilità e un timbro più ricco e colorato.
Il pedale, quindi, è un mezzo tecnico altamente espressivo e, a mio parere, dovrebbe essere usato in ogni composizione eseguita al pianoforte. Questo non vuol dire affatto che si deve abusare del pedale: in alcuni casi ci si deve addirittura astenere dall'uso. Ma non si può, e non si deve, prescindere da questo elemento così importante, così legato all'anima stessa del pianoforte.
Molti ritengono che Bach si debba eseguire senza pedale. Io sono convinto del contrario, sempre che l'uso del pedale sia razionale, parsimonioso, intelligente e che non stravolga il tessuto polifonico della composizione.
L'uso razionale del pedale è presupposto fondamentale per l'esecuzione di qualunque opera. Spesso nelle composizioni manca ogni tipo di indicazione e anche quando queste sono presenti non riescono a chiarire l'esatto utilizzo del pedale. Spesso Schumann scrive «Con il pedale», lasciando al buon senso e alle capacità musicali del pianista ogni possibilità di esecuzione.
Liszt, nella trascrizione dell'Ouverture del Tannhäuser scrive:
«Si presuppone un uso razionale del pedale».
Mozart non scrive alcuna indicazione, ma nessun pianista si sognerebbe mai di eseguire le sue somposizioni senza pedale.
Analizzando le diverse possibilità di utilizzo del pedale possiamo osservare, per esempio, che in una successione di accordi legati, esso deve essere abbassato immediatamente dopo aver suonato l'accordo. In pratica:
- si suona il primo accordo abbassando il pedale;
- sempre tenendo il pedale si suona il secondo accordo e subito dopo si cambia velocemente il pedale.
Soltanto in questo modo si garantirà un perfetto legato.
In nessun caso, però, il suono dell'accordo successivo dovrà risultare alterato e non in linea con quello del precedente. Bisogna sempre tener conto, infatti, che un buon legato si ottiene anche, e soprattutto, con il suono (vedi i capitoli sul legato e sul suono).
In altri casi il pedale dovrà essere abbassato già prima di suonare. Mi vengono in mente l'inizio maestoso del Concerto n.1 di Chaikovskij, oppure della Sonata op.106 di Beethoven.
Questo per assicurarci che tutte le armonie risuonino liberamente già dal loro attacco.
Oltre a questi due casi, peraltro di semplice realizzazione, ci sono moltissime sfumature realizzabili con il pedale. Gli effetti che si possono ottenere a seconda della sua pressione possono essere molteplici. Esiste il pedale pieno, il mezzo pedale, il quarto di pedale, addirittura. Con l'uso attento di questi accorgimenti si possono ottenere risultati sonori molto belli, che possono risolvere situazioni anche sulla carta impossibili. Mi riferisco a quei passi in cui la scrittura suggerirebbe l'esecuzione a tre mani per realizzare a pieno l'idea del compositore.
Per esempio, nel seguente passaggio della Sonata in Si min. di Liszt:
il LA del basso deve durare per una battuta e mezza (fino al LA successivo), nel frattempo le armonie nella zona intermedia cambiano tre volte (occorre quindi cambiare il pedale); più in alto, la melodia deve mantenere la sua trasparente fluidità. Anche se sembra impossibile da realizzare, con un corretto uso del pedale si può far risuonare il basso pur mantenendo chiarezza nei cambi di armonie nella zona centrale. Questo è possibile grazie all'impiego del mezzo pedale e del quarto di pedale. Si dovranno suonare le ottave del basso leggermente sforzate, le armonie centrali leggerissime e la melodia, leggermente cantabile, emergerà al di sopra di tutto. Quando cambiano le armonie, il pedale viene sollevato di pochissimo (quarto di pedale): questo basterà ad evitare la cacofonia, ma allo stesso tempo non smorzerà il suono del basso (le corde grandi della regione bassa del pianoforte sono poco sensibili all'azione del mezzo pedale che non abbassa totalmente lo smorzatore), che potrà prolungarsi liberamente per tutta la sua durata. Basta soltanto che uno di questi elementi non venga rispettato (il pedale eccessivamente sollevato, il basso suonato in modo non abbastanza profondo, la melodia poco cantabile, le armonie troppo "invadenti") perché venga compromesso il risultato. Come sempre l'orecchio guiderà l'esecutore verso la soluzione più corretta.
L'utilizzo del pedale è talmente personale e non generalizzabile che bisognerebbe, come ho detto all'inizio, analizzare nello specifico ogni composizione. Non si può, infatti, pensare che Mozart richieda lo stesso tipo di pedalizzazione di Skrjabin. Come non è pensabile che in presenza di melodie formate da intervalli di terza ci si senta in ogni caso autorizzati a tenere il pedale completamente abbassato (tanto non c'è alcuna dissonanza...).
Pensate, ad esempio, all'inizio della Sonata op.57 "Appassionata" di Beethoven:
Un interprete poco attento tiene il pedale costantemente abbassato per tutto il passo, trasformando la melodia in un semplice arpeggio di FA minore. Invece è vero il contrario! Questo passo deve essere suonato con pochissimo pedale!
Viceversa, si potrebbe ritenere inutile l'uso del pedale nei passi veloci (scale, melodie in rapida successione ecc.).
Anche in questo caso è vero il contrario. Un pianista sensibile deve saper dosare con piccoli "colpi" la giusta quantità di pedale anche nei passaggi rapidi. Una successione di note risulta sempre più ricca se si usano piccole "pennellate" di pedale.
Si potrebbero citare migliaia di esempi. L'unico consiglio che vale sempre la pena di ricordare è quello di ascoltare i grandi pianisti e di affinare quanto più possibile l'orecchio, vera e unica guida di ogni musicista.