La nascita
La nascita del pianoforte
Il clavicordo, quindi, richiamò l'attenzione dei costruttori sulle risorse di sonorità che uno strumento a corde percosse poteva offrire rispetto al clavicembalo.
Nei primi anni di vita il pianoforte veniva comunemente chiamato fortepiano. Era costruito interamente in legno e i martelletti erano ricoperti di pelle anziché di feltro, la sonorità era lieve e cristallina.
Il primo e più importante tra i costruttori di pianoforti fu il padovano Bartolomeo Cristofori (1655-1731). Tra il 1698 e il 1700 Cristofori aveva realizzato l'invenzione di un nuovo strumento, da lui battezzato gravicembalo col piano e forte perché il principio fondamentale consisteva nell'applicazione di una martelliera al clavicembalo.
Pianoforte di Cristofori
La notizia dell'esistenza del nuovo strumento si diffuse soltanto più tardi, ad opera di Scipione Maffei, con un articolo del "Giornale de' Letterati d'Italia". Maffei asseriva che erano già stati costruiti 3 strumenti di questo tipo, li lodava e completava la descrizione del gravicembalo col piano e forte con l'illustrazione di un chiarissimo schema della meccanica di Cristofori. Benché fosse estremamente semplice, essa conteneva già le parti essenziali della meccanica del moderno pianoforte: martelletti articolati, indipendenti dai tasti, forniti di uno scappamento semplice e smorzatori singoli per ogni corda. Con tale meccanica era possibile graduare l'intensità del suono, mediante la maggiore o minore forza impressa al martelletto con la pressione sul tasto. Il martelletto ricadeva indietro anche se il tasto rimaneva abbassato; in caso contrario, infatti, esso avrebbe ostacolato la normale vibrazione della corda. Il problema fu risolto appunto con l'applicazione di uno scappamento, all'inizio rudimentale e poi perfezionato in un successivo modello del 1720. In questo strumento comparve il paramartello (una sorta di "freno" che aveva la funzione di rallentare la ricaduta del martelletto dopo avere percosso la corda) e venne perfezionato il sistema degli smorzatori.
Alcuni anni dopo, altri due costruttori tentarono di costruire nuovi strumenti con la speranza di ottenere l'appoggio per la fabbricazione. Erano il francese Jean Marius, che ribattezzò lo strumento con il nome clavecin à maillets et à sautereaux, e il tedesco Christoph Gottlieb Schröter. Le loro richieste, però, non ebbero fortuna.
L'appoggio e la fortuna che erano mancati a Cristofori, a Marius e a Schröter, arrisero invece a un altro tedesco, Gottfried Silbermann (1683-1753), che nella prima metà del sec. XVIII fu uno dei più apprezzati costruttori germanici di clavicembali e di organi.
Silbermann aveva conosciuto l'invenzione di Cristofori grazie all'articolo di Maffei e il primo modello di meccanica da lui progettato era una fusione degli elementi derivanti dai disegni di Cristofori e Schröter.
Il nuovo strumento non piacque a J. S. Bach che ne rilevò la povertà del suono nel registro acuto e la pesantezza della meccanica. Negli anni seguenti Silbermann migliorò la meccanica e la sonorità dei modelli più recenti piacque finalmente anche a Bach.
Il pianoforte non ebbe immediatamente il successo sperato. Il clavicembalo, infatti, continuò a catalizzare le attenzioni dei compositori per le sue qualità sonore che ben si sposavano con il carattere cristallino delle composizioni barocche. Intorno alla metà del '700, periodo in cui si verificò un mutamento nello stile compositivo e il gusto per l'ornamento lasciò il posto all'espressione e al colore sonoro, il pianoforte diventò uno strumento sempre più usato.
Due allievi di Silbermann, Christian Friederici e Johannes Zumpe diedero vita a nuove industrie di pianoforte. Zumpe ne fondò una a Londra, nel 1760. Friedeciri realizzò un pianoforte rettangolare, che ricorda l'antico clavicordo, e che ebbe molta fortuna alla fine del 700 e all'inizio dell'800. In Italia veniva chiamato pianoforte a tavolo. Le corde erano disposte parallelamente alla tastiera, proprio come nel clavicordo. Il pianoforte a tavolo aveva una meccanica rudimentale, una sonorità lieve e dimensioni ridotte. Per questo motivo era utilizzato prevalentemente per scopi domestici, inadatto com'era alle esecuzioni in concerto. La diffusione del pianoforte a tavolo avvenne soprattutto in Inghilterra grazie all'opera di Johannes Zumpe e, successivamente, di John Broadwood.
pianoforte a tavolo di Zumpe
In Italia Domenico Del Mela creò il primo pianoforte verticale, conosciuto con il nome di pianoforte piramidale. In realtà si trattava di un pianoforte in cui la cassa armonica del pianoforte a coda era stata montata in verticale.
pianoforte a piramide di Del Mela
pianoforte a piramide di Friederici
Questa forma venne presto abbandonata quando, intorno al 1780, si creò una struttura diversa, rettangolare, e una intelaiatura più appropriata.
Johann Andreas Stein, allievo del Silbermann, segnò una traccia profonda nella storia del pianoforte. Egli migliorò la meccanica di Silbermann aggiungendovi uno scappamento e smorzatori simili a quelli di Cristofori. Creò ad Augusta la sua fabbrica di pianoforti e i suoi strumenti divennero famosi per la cosiddetta meccanica tedesca, apprezzata molto da Mozart.
Nel 1794 i figli, Nanette e Matthieu, trasportarono a Vienna la fabbrica. Nanette sposò il pianista e costruttore Andreas Streicher e dalla loro fabbrica uscirono pianoforti a coda di alta qualità. La meccanica era la stessa creata dal padre di lei (Johann Stein), nella quale il tasto agiva direttamente sul martelletto, senza aggiunta di leve, e prese il nome di meccanica viennese.
Fortepiano di Stein
In Francia Sébastien Erard fondò la celebre casa costruttrice di pianoforti. Nel 1777 egli costruiva il primo pianoforte prodotto in Francia e proprio Erard inventò l'unico accorgimento che mancava alla concezione originale di Cristofori: il doppio scappamento (realizzato nel 1823).
Altro importante costruttore francese fu Ignace Pleyel, i cui pianoforti furono ampiamente apprezzati da Chopin.
I pedali del piano e del forte furono introdotti da Broadwood nel 1783. Nel 1794 Erard faceva brevettare a Londra un nuovo pedale del piano grazie alla cui azione si interponeva una striscia di stoffa tra martello e corda.